Pubblicato Martedì 7 aprile 2020
Andrà tutto bene. E adesso come va?
Un "tuffo" nel presente con la dott.ssa Angela Persico
Andrà tutto bene… e adesso come va?
Nei giorni scorsi, nelle settimane passate, la frase di buon auspicio che il titolo riporta nella prima parte, “andrà tutto bene”, ha aleggiato spesso, passando dalla testa alle mani, alla ricerca di matite colorate o pennelli, dai cartelloni alle finestre, dalle lenzuola, reinventate a tela, ai balconi, reali e virtuali, è rimbalzata su ogni social, è stata condivisa attraverso tantissimi post on-line: l’abbiamo cercata, abbiamo voluto credere ad essa, le abbiamo conferito poteri di contagio emozionale e di trasmissione di positività, energia e speranza, lodevoli aspettative da diffondere nell’attuale contesto emergenziale, che le parole possono indubbiamente prendersi il carico di realizzare, la parola ha un potere enorme e noi addetti ai lavori, quelli dove viene usata come strumento terapeutico, lo sappiamo bene.
Tuttavia, non è sempre così semplice, la parola deve risuonare interiormente, bisogna dare a questa una certa valenza, non basta razionalizzarla, pensarla è un primo passo, certamente, ma dopo? Beh, dopo bisogna sentirla. Sì, sentirla, emotivamente parlando, dobbiamo accoglierla non solo a livello cognitivo, non è sufficiente che ci passi per la testa e dalla testa al foglio, o alle lenzuola, o al post su facebook. La parola, parafrasando Freud, affinché possa “magicamente” attuare il suo potere, deve divenire significativa, assumere un senso profondo per chi la pensa, la dice, la trascrive e per chi la riceve, la legge, l’ascolta. Per poterla rendere significativa bisogna sentirla emozionalmente, crederci profondamente - credere ad essa e andare nel profondo di sé stessi per accoglierla fin “laggiù”.
Altrimenti non funziona, nemmeno a renderci quella positività di cui si fa portatrice nella resa immediata. Può, al contrario, turbare, angosciare, spiazzare, allertare; soprattutto nella situazione odierna, dove siamo tutti coinvolti a livello globale, e spesso travolti, da una richiesta di riadattamento subìto repentinamente. Richiesta che può andare a sollecitare ogni ambito della nostra esistenza, della nostra quotidianità, dove stiamo vivendo le emozioni in maniera amplificata dentro di noi e fuori di noi, con una forzatura che ci spinge ad andare in direzioni estremizzate, totalmente positive e speranzose da un lato, completamente catastrofiche e demoralizzanti dall’altro.
Come proverbialmente sappiamo, la virtù sta nel mezzo e così anche, con molta e comprovata probabilità, la realtà dei fatti e la modalità più adeguata da perseguire: abbiamo bisogno di ritornare con i piedi per terra, ben piantati, e con la mente lucida, ben focalizzata, nel ritrovare l’interpretazione della realtà quanto più aderente ad essa, filtrando messaggi, informazioni, conversazioni, pensieri e sensazioni, non dimenticandoci di dare voce alle emozioni.
Lasciamole fluire queste emozioni, quando arrivano, le nostre, non quelle altrui che assorbiamo, possiamo farlo, e riconoscerle al tempo stesso, fermandoci un attimo, il tempo di un respiro. Accogliamo le emozioni, diamo ascolto a come ci sentiamo, non solo a quello che pensiamo separandolo da tutto il resto, noi non siamo i nostri pensieri - questi sono dei commenti che facciamo su noi stessi e sulla realtà, su cui influiscono non solo le contingenze della realtà esterna, ma anche stati d’animo, umore dominante, informazioni frammentate, ricordi e aspettative- teniamo sempre bene presente che ciò che arriva a noi è sempre una realtà interpretata, mai oggettiva, ma sempre influenzata dalla nostra soggettività nell’esatto momento in cui riceviamo il messaggio dall’esterno.
Questa avrebbe dovuto essere una premessa, ma talvolta ci si può perdere nel vortice appassionante che la scrittura rivela, era nelle mie intenzioni giungere ad un altro punto, lo faccio ora, avviandomi verso la conclusione, perché è qualcosa a cui mi preme arrivare e farvi arrivare, perciò non vorrei lasciarlo un pensiero muto, avendo peraltro dato il titolo all’articolo.
Sono certa che nei giorni scorsi un effetto positivo la frase “andrà tutto bene”, ammirevole nei suoi intenti, l’abbia raggiunto nel cuore di molti e nei comportamenti di tanti: ha creato condivisione, vivacità, scambio, colore, relazionalità, un investimento del tempo in maniera creativa - creare ha sempre un effetto benefico, permettendoci di esternare ciò che potrebbe non uscire altrimenti, quando creiamo siamo in contatto con la nostra interiorità, con i nostri sensi e con le nostre emozioni, con la nostra energia, e produciamo un risultato tangibile, definito, che procura soddisfazione e appagamento - e perciò in qualche modo un effetto desiderato e desiderabile c’è stato.
Ma è importante e necessario ritornare al presente, “andrà tutto bene” è una frase coniugata al futuro, ad un tempo che non c’è ancora, e questo può non farci stare realmente bene, perché stare nella testa, proiettati verso il futuro, può suscitare ansie e paure, certo può dare anche speranza, ma questa può risuonarci fittizia nel momento in cui la rapportiamo ad una realtà che non riesce a fornire, nel presente, elementi saldi a cui appigliarsi.
E, dunque, come tornare al presente, se questo presente ci disorienta, se ci procura riadattamenti difficili da tollerare e ci fornisce pressioni che faticosamente riusciamo a sostenere? Un modo attraverso cui farlo potrebbe essere quello di interrogarci con la domanda che il titolo ci pone, chiedendoci come va adesso, come ci sentiamo in questo momento e rispondendo sinceramente a noi stessi, connettendoci con la nostra interiorità, gestendo fughe e distrazioni, accogliendo le emozioni, anche quelle difficili solo da nominare.
Potrà andare tutto bene, poi, in fin dei conti? Andrà tutto al meglio possibile, raggiungeremo sicuramente cambiamenti profondi che apporteranno nuovi modi di reagire e di agire, di guardare e di ascoltare, nel nostro piccolo e ad un livello più ad ampio raggio, ci saranno situazioni da risolvere e nuove consapevolezze da raggiungere, dovremo elaborare perdite, in termini umani e in termini altri, singolarmente e collettivamente, ma al di là di un futuro, che non riusciamo a progettare mentalmente senza fare i conti con ansie e preoccupazioni, chiediamoci ora come va, come sta andando, cosa stiamo facendo affinché possa andar bene per noi, per chi ci circonda, per chi potrebbe avere gli effetti indiretti o a catena delle nostre azioni. Intervenendo sul nostro presente, creeremo i presupposti favorevoli affinché si concretizzi un futuro che potremo vivere al meglio, perché sapremo di aver fatto tutto ciò in nostro potere, prendiamoci cura dei nostri gesti e delle nostre parole ora, ascoltiamo le nostre emozioni e i nostri pensieri adesso, riprendiamo ad avere il controllo su ciò fattivamente possibile, su noi stessi, sulle nostre responsabilità, facciamo la nostra parte prendendoci cura di noi stessi per poterci prendere cura degli altri, su cui si rifletteranno gli effetti delle nostre azioni, curiamo i nostri comportamenti, i nostri atteggiamenti, le nostre parole, non lasciamo nulla al caso o alla fretta, ne abbiamo una responsabilità sociale, che si palesa attualmente più pregnante che mai, appena riapriamo gli occhi al mattino e poggiamo i piedi a terra da un po' di settimane ormai.
Teniamoli ben saldi questi piedi e questi occhi ben focalizzati, perché se potrà andare tutto bene, tenendo conto di una visione allargata e generalizzata, qui e ora può andare ancora meglio, se non perdiamo di vista il nostro presente, impegnandoci nel fare ciascuno la propria parte, dando valore e significato, momento per momento, a circostanze dentro di noi e fuori di noi, lasciando andare ciò che è lontano dal nostro controllo, quello non ci riguarda in termini di responsabilità, riguarda qualcun altro che starà facendo la sua di parte: una via d’uscita potrebbe essere quella di riporre fiducia nell’altro, forti dell’esempio che possiamo trasmettergli, agendo adeguatamente passo dopo passo, un agire che può essere sostenuto grazie alla stessa fiducia riposta nelle nostre risorse personali, a cui attingere affinché vada ora tutto bene, e se non va proprio bene bene, così facendo - anche se sarebbe il caso di dire “così essendo” -, va sicuramente al meglio che è nelle nostre di possibilità.
Ce la faremo, insieme, perché ora ce la stiamo facendo.
Che tutti noi possiamo avere cura di “un noi”, prendendoci cura di ciascuno, prendendoci cura di noi stessi.
Con presenza, accettazione e fiducia, faccio la mia parte.
Dott.ssa Angela Persico