L’Ayurveda è un vasto ed antichissimo sistema terapeutico. La sua dottrina risale ad un epoca molto remota: le prime tracce sono rintracciabili con ogni probabilità a prima del V sec. a.C. in particolare nel RigVeda e nell’Atharveda, i sacri testi sapienzali dell’India, mentre sistematizzazione del sapere medico avvenne attorno al 1500/2000 a.C. circa nei testi Caraka e Susruta Samhita (e, più tardi, con Vagbhata).
Il termine Ayurveda deriva dal sanscrito Ayus “durata della vita” e Veda “conoscenza, significa “la scienza che concerne la durata della vita”. Quindi l’Ayurveda è la Scienza della Vita. Una medicina che intende la vita come continua interazione tra corpo, organi di senso, mente e anima, ma che è anche una filosofia.
“ E’ chiamata Ayurveda quella scienza che descrive tipi di vita utili e dannosi, felici e infelici, che descrive ciò che è utile e ciò che è dannoso per la vita, le misure della vita e la vita stessa. Il termine ayus indica l’insieme di corpo, organi di senso, mente e Sè; i suoi sinonimi sono Dhari (sostegno), Jivita (vita), Nityaga (mobilità perpetua), Anubhanda (mantenimento della continuità). I conoscitori considerano questa Scienza della Vita come la più sacra in quanto è utile per il genere umano tutto, in questa vita e nell’altra.” (Caraka Samhita Su. I-1, 42,43).
Nei primi paragrafi della “Caraka Samhita” vengono descritte le origini sacre dell’Ayurveda quale dono del Dio Indra agli antichi saggi Rsi al fine di alleviare le malattie che affliggevano gli uomini . L’Ayurveda è pertanto universale, vicina alla Natura ed eterna, non ha inizio nè fine.
Parallelamente all’Ayurveda, nasce nella Valle dell’Indo proprio dagli stessi testi Vedici, la disciplina dello Yoga.
Ayurveda e Yoga si pongono come discipline sorelle, al fine di creare armonia tra le parti e unire l’anima individuale all’anima universale (Bhraman, Purusa).
Gli scopi dell’Ayurveda sono quelli di mantenere l’equilibrio e la salute perchè l’uomo possa raggiungere i quattro principali scopi della vita (purusartha):
1. DHARMA (il “destino”, l’accordare la propria “opera” alla legge cosmica e attraverso il proprio corretto agire apportare benessere universale)
2. ARTHA (la ricchezza, intesa come accumulo di mezzi di sostentamento, le proprietà e gli oggetti dei cinque sensi)
3. KAMA (l’appagamento dei desideri terreni),
4. MOKSA (la liberazione dai desideri terreni, verso la libertà e la riacquistata consapevolezza dell’unità tra spirito individuale -atman- e assoluto -Brahman o Purusa).
“Per colui che vede il proprio sé espanso nell’universo e l’universo nel proprio sé, la pace fondata sulla conoscenza non viene mai a mancare”
Caraka Samhita Sar V, 20
IL CORPO SECONDO L’AYURVEDA: INSIEME di MAHABHUTA
Secondo l’Ayurveda il corpo umano (sarira), come qualsiasi forma di materia nell’universo, è costituito dai 5 mahabhuta (elementi), distribuiti in modo diverso nei diversi individui. I mahabuta sono etere (akasa), aria (vayu), fuoco (tejas), acqua (jala) e terra (prhtvi). Akasa è il mahabhuta più sottile, prhtvi il più grossolano e la loro formazione avviene attraverso un gradiente incrementale di materia. I mahabuta a loro volta, combinandosi tra di loro, vanno a costituire i dosha (dal sanscrito dushanat “impurità, imperfezione”). Attraverso i dosha ha inizio la differenziazione delle diverse forme, a partire dall’indifferenziata totalità (Brahman). Essi governano l’intero cosmo e, quindi, anche le funzioni fisiologiche del corpo. A seconda dei mahabuta prevalenti avrò la formazione di 3 dosha: vata, pitta, kapha.
I dosha sono un’insieme di qualità (guna). Poichè attraverso la percezione qualitativa abbiamo conoscenza della realtà, possiamo utilizzare i guna per descrivere e classificare le sostanze e, indirettamente, evidenziarne le caratteristiche dei mahabhuta da esse sottesi. Sono enumerati 10 opposti di guna (Caraka ne descrive fino a 41 in totale):
Freddo/Caldo Pesante/Leggero Denso/Liquido Liscio/Ruvido
Duro/Morbido Stabile/Mobile Oleoso/secco Opaco/Nitido
Vischioso/trasparente Grossolano/Sottile
Ogni dosha è dunque descritto da determinati guna.
Il termine Vata deriva dalla radice Va “ciò che muove”. E’ il principio del movimento. Governa il movimento dei pianeti, il soffio del vento, la conduzione nervosa, la peristalsi, è responsabile dell’evolversi della vita, dal germoglio alla pianta, fino all’invecchiamento. E’ costituito da aria e etere. Le sue qualità sono: secco (ruksa), leggero (laghu), freddo (sita), ruvido (khara), mobile (sara), sottile (suksma), penetrante (tiksna), chiaro (visada), duro (kathina).
Pitta deriva deriva dalla radice tap “ciò che produce calore”. Pitta è trasformazione E’ dunque l’energia che fa ardere il sole e le stelle, il fuoco digestivo, le azioni di trasformazioni metaboliche ad opera degli enzimi, il mitocondrio. E’ costituito da fuoco e acqua. Le sue qualità sono: caldo (usna), liquido (drava), penetrante (tiksna), chiaro (visada), un poco oleoso (snighda) e un poco leggero (laghu); in più è piccante.
Kapha deriva dalle radici kena jalena kaphati (ciò che deriva dall’acqua). Rappresenta il principio della coesione, ciò che rende coesi i pianeti e unito e compatto il corpo. E’è il principio della conservazione, promuove l’accrescimento, la lubrificazione delle articolazioni, il sistema immunitario. E’ costituito da acqua e terra. Le sue qualità sono: pesante (guru), freddo (sita), oleoso (snighda), denso (sandra), lento (manda); appiccicoso (picchila), liscio (slaksna), grossolano (sthula), soffice (mrdu).
“I tre dosha, nella loro condizione di equilibrio sostengono il corpo, nella loro condizione di squilibrio causano ogni sorta di malattia” (Caraka Samhita sutrastana 12, 12-13).
L’obiettivo dell’Ayurveda è di mantenere in equilibrio i tre dosha, prevenendo così l’insorgenza delle malattie.
Ogni dosha prevale in determinate parti del corpo: vata nella parte bassa del corpo (colon, zona pelvica, ossa), pitta nella zona mediana (stomaco, fegato, sangue, pelle) kapha nella parte superiore (torace, parte superiore dello stomaco, testa, tessuto adiposo, articolazioni)
La prevalenza del dosha si modifica durante l’orario del giorno, la stagione e le varie fasi della vita.
Vata aumenta dalle 2 alle 6, in autunno-inverno e nella vecchiaia.
Pitta si accresce dalle 10 alle 2, durante l’estate e nell’adolescenza.
Kapha incrementa dalle 6 alle 10, durante la primavera e nell’infanzia.
Ogni sostanza è costituita da un insieme di dosha. La vita è unità che si esprime nella molteplicità.
Ogni individuo ha quindi una determinata sua natura o costituzione individuale (“prakrti”), definita dalla diversa combinazione e predominanza di uno o più dosha nell’organismo umano e determinata sin dal momento del concepimento e durante la gravidanza. Alla luce della Prakrti possiamo individuare la predisposizione a sviluppare determinati squilibri e, infine patologie, mentre possiamo allo stesso tempo trovare rimedi che contrastino l’eccesso di dosha che causa lo squilibrio (“vikrti”). Diversi lavori scientifici hanno mostrato come la prakrti corrisponda, nella medicina moderna, al genotipo (predisposizione genetica alle malattie).
I mahabhuta infatti sono sempre in interrelazione tra loro, pertanto la predominanza doshica attuale è influenzata dai cambiamenti esterni, che causano la condizione di squilibrio detta vikrti. E’ chiaro inoltre come i cibi (costituiti anch’essi dai panca mahabuta), l’ambiente, lo stile di vita, possano andare a squilibrare i dosha, aumentando le loro qualità.
Lo yoga ci permette di ritrovare l’equilibrio sottile tra i mahabhuta, attraverso asana, pranayama, meditazione, mantra.
Il corpo, secondo l’Ayurveda, è un sistema dinamico, di relazioni, soggetto a mutamento continuo, di costruzione e distruzione. L’individuo è insieme indivisibile di anima, mente, intelletto, ego, sensi, corpo, tutti in relazione tra di loro e con l’universo (macro e microcosmo). Non può essere dunque ridotto alle singole parti (es. organi), né separato dal suo contesto sociale, culturale, spirituale.
Salute è definita in Ayurveda come Swastha “essere stabili nel proprio sé”. Secondo Sushruta, “...sano è colui che ha umori, il fuoco digestivo, i componenti tissutali e le funzioni escretorie ognuno in buon equilibrio, e che ha lo spirito, i sensi e la mente sempre compiaciuti..”
La malattia, roga, deriva dalla radice ruj che significa rompere, la malattia è dunque “frammentazione dell’intelligenza del corpo”, perdità d’integrità.
Il primo passo per la cura delle malattie è dunque conoscere se stessi.
I dosha sono presenti nel corpo, nella mente e nell’anima. In particolare, la prakrti mentale corrisponde a quelli che nello yoga vengono chiamati guna (maha guna in ayurveda): sattva (purezza), rajas (dinamicità) e tamas (inerzia).
“il corpo è come un carro
in cui l'anima è il proprietario
l'intelligenza è il conducente
la mente tira le redini
i cavalli sono i sensi
e il mondo è la loro arena”
(katha upanishad III, 3)
IL CORPO e I TESSUTI
Dal cibo (ahara) con cui ci nutriamo si formano i tessuti: dhatu. Il termine dhatu significa “ciò che entra nella struttura fondamentale dell’intero organismo” e sostiene il corpo. Similmente all’universo, che si crede sia costituito su sette livelli di esistenza (sapta loka), così il corpo è costituito da sette dhatu, la cui formazione avviene in sequenza da quellipiù grossolani a quelli più sottili (con massa minore e più compattezza):
- rasa (linfa)
- rakta (sangue)
- mamsa (tessuto muscolare)
- medas (tessuto adiposo)
- ashthi (tessuto osseo)
- majjas (tessuto nervoso, midollo)
- sukra (spermatozoi e ovociti)
Per ottenere la salute nei tessuti è necessario mantenere in equilibrio i dosha.
Occorre infine che le funzioni escretorie funzionino correttamente e i mala (prodotti di scarto) vengano prodotti ed espulsi.
Il corpo, nel suo essere flusso dinamico, è costituito inoltre da srotas (dalla radice sanscrita sru fluire, scorrere), canali energetici, rete di collegamento. Gli srotas sono collegati a livello strutturale e funzionale e permettono il movimento dei dosha.
Possiamo intendere il corpo umano come avente tre aspetti che vanno dall’essere più materiale al livello più rarefatto, sottile, energetico.
Secondo la concezione dello yoga, all’interno di ognuna di queste dimensioni esistono diversi nodi di organizzazione definiti come kosa (corpi), dove operano i dosa (vata, pitta, kapha) e i mahaguna (sattva, rajas, tamas).
Le essenze sottili dei dosa per vata, pitta e kapha sono rispettivamente prana, tejas e ojas.
Il Prana è il “soffio vitale”, il respiro, l’energia sottile governata da vata e presente nell’universo. . Prana è “il signore di tutto il mondo, in cui il tutto riposa” (AV XI, 4). La vita nell’Universo pulsa grazie a Prana nel corpo umano e grazie a vayu, il vento. Prana è l’energia vitale cosmica, la forza più sottile, la prima aria della creazione, somma di tutte le energie, del macro e microcosmo, delle energie manifeste e immanifeste. Tutto ciò che è vivo è una manifestazione di Prana e deriva da Atman. Il Pranayama è la tecnica che regola il flusso di Prana, nell’armonia tra interno ed esterno.
“Questo prana nasce dal Sè. Così come l’ombra è presente accanto all’uomo. Il prana è collegato all’essere. Esso viene in questo corpo in accordo alle azioni della mente” (Prasna Upanishad III,3)
Tejas è l’essenza sottile di Pitta, la “fiamma della vita”, ha una funzione riscaldante e trasformatrice, è collegata all’energia del metabolismo e all’aspetto buddhico della mente e alla capacità di discriminazione. La pratica yoga è in grado di incrementare il metabolismo e la possibilità di trasformazione.
Infine, Ojas è la forza, il vigore, è onnipervadente e avvolge l’intero organismo proteggendolo, contrastando l’invecchiamento. Ha le qualità del ghee ed è formato dai tessuti “così come il miele ottenuto dalle api da molteplici fiori” (Caraka).
“La suprema essenza splendente dei tessuti, dalla linfa al seme, è definita come ojas, “vigore” e come bala, “forza”, dall’autorità della scienza stessa. Grazie alla forza i muscoli sono fermi e ben sviluppati, i movimenti sono tutti privi di impedimenti, la voce e la carnagione sono chiare, gli organi di azione e di percezione svolgono le loro proprie funzioni. Su ciò è detto: ojas ha natura lunare, è oleoso, bianco, fresco, stabile, mobile, eccellente, soffice e delicato; ojas è la dimora ultima della vita e pervade il corpo degli esseri viventi con le sue parti; se esso viene a mancare il corpo degli esseri mortali decade." (Sushruta Samhita, Sutrasthana 21. 19-22, (2))
La pratica regolare dello yoga va ad aumentare l’ojas e le sue qualità, nutrendo in profondità e facilitando la connessione tra corpo, mente e spirito e accordando il suono individuale al suono dell’universo.
DINACHARYA
ovvero “Routine igienica quotidina”.
Prendersi cura di sé quindi anche attraverso pratiche quotidiane dedicate ai delicati organi di senso, le nostre porte di percezione e comunicazione con l’esterno, consente di mantenere un’ottimale stato di salute.
Fra le pratiche quotidiane per il benessere viene indicato un regolare automassaggio che in Ayurveda segue regole precise.
In Ayurveda l’automassaggio trova il suo ideale tempo di applicazione la mattina presto, per aiutare il corpo a risvegliarsi, depurarsi ed affrontare al meglio ed con piena energia la giornata. Si utilizza olio adatto alla propria prakrti (es. olio di sesamo), appena scaldato a bagnomaria e si procede dalla sommità del capo ai piedi, facendo una successiva doccia.
“L’esercizio fisico produce leggerezza, capacità di lavorare, stimola agni (il fuoco digestivo), la riduzione del grasso e promuove un corpo tonico e ben delineato. Ma dovrebbe essere evitato da chiunque abbia una malattia vata o pitta, dai bambini, dalle persone anziane e da chiunque abbia un’indigestione. Una persona forte che mangi cibi oleosi dovrebbe praticarlo con metà della sua forza durante la stagione fredda e la primavera. In altri periodi dovrebbe praticarlo ancora più lentamente. Dopo averlo fatto, dovrebbe farsi frizionare il corpo dappertutto. L’esercizio fisico in eccesso può provocare sete, deperimento, attacchi asmatici, eccesso di pitta, affaticamento e spossatezza, tosse, febbre e vomito. Chi si dedica in maniera eccessiva all’esercizio fisico, a star sveglio, ai viaggi, alle donne, alle risate o alle chiacchiere di sicuro perisce, come un leone che trascini un elefante. Il massaggio rimuove ama (le tossine), dissolve il grasso, rassoda le membra e rende il colorito della pelle luminoso. Il bagno stimola la digestione, accresce potenza e vitalità, dà forza e vigore. Toglie il prurito, la stanchezza, il sudore, l’apatia, la sete, il caldo e le preoccupazioni. Usare acqua calda per sciacquare la parte inferiore del corpo dà forzo; usarla sulla testa indebolisce i capelli e gli occhi. Il bagno non è consigliato a chiunque soffra di malattie agli occhi, alla bocca o alle orecchie, a chiunque abbia un flusso, sia gonfio, abbia catarro o indigestione; va evitato il bagno subito dopo i pasti.
Occorre inoltre fare regolarmente dei massaggi: evitano l’invecchiamento, tolgono stanchezza e è pacificano lo squilibrio vata, rafforzano la vista, la prosperosità, la vitalita, il sonno e conferiscono una carnagione piacevole. In particolare è utile il massaggio di capo, orecchie e piedi.